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Viaggio nella Corea di Hyundai

domycol

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OmniAuto.it vi propone un viaggio nella Corea del Sud, la nuova tigre asiatica che ha preso da tempo il comando dell’elettronica di consumo e ha un’industria automobilistica che con Hyundai e il suo gruppo continua a crescere a ritmi sostenuti anche nei contesti sfavorevoli, come è in questo momento l’Europa. Siamo andati al di sotto del 38esimo parallelo per capire da vicino le ragioni del successo di Hyundai incontrandone gli artefici, visitandone le strutture e vivendo per qualche giorno i luoghi e la società dove vive e prospera il quarto costruttore mondiale. Abbiamo visitato gli impianti produttivi, il reparto ricerca e sviluppo, le acciaierie – particolarità unica nel panorama automobilistico mondiale – e ci siamo confrontati direttamente con i massimi vertici di Hyundai, ma ci siamo anche recati a Yaesu per visitare l’Expo 2012 e capire così le aspirazioni di un paese e del suo apparato industriale.

APPENA ARRIVATI
Quattro giorni in Corea del Sud, il paese che ha battuto il Giappone sull’elettronica di consumo e ora mira a farlo anche con le automobili, non sono troppi, ma non sono neppure pochi per capire di più cosa c’è dietro quegli occhi mandorla che sembrano identici a quelli dei nipponici o dei cinesi, ma che in realtà sono molto diversi. Corea, un nome che per gli italiani di una certa generazione significava "sconfitta". Un luogo comune nato nel 1966 quando la nostra nazionale di calcio perse inaspettatamente ai mondiali di Inghilterra contro la compagine asiatica e fu costretta a tornare a casa. Un anno dopo nasceva la Hyundai, oggi quarto costruttore mondiale con 6,7 milioni di auto prodotte e nessun obiettivo palese, a parte quello di passare a 7 milioni già nel 2012. I fatti però dicono che i coreani sono cresciuti al ritmo di oltre il 10% negli ultimi 10 anni ed è il quarto paese al mondo per produzione di auto con 4 milioni di pezzi. Per una popolazione di 50 milioni il mercato è di 1,4 milioni di auto ed è stradominato dal gruppo di casa che nei primi 5 mesi ha coperto il 75% delle richieste. E pensare che fino a qualche anno fa erano a quasi il 90%... In effetti nella strada che separa dall’aeroporto di Incheon a Seoul Hyundai e Kia fanno un bicolore dominante, macchiato da qualche Chevrolet, qualche puntino europeo e americano mentre – incredibile ma vero – le auto giapponesi si contano sulle dita di una mano.

LA COREA NON E' IL GIAPPONE
L’arcipelago del Sol Levante è così vicino, eppure è così lontano; a cominciare da un fatto semplice semplice: la guida qui è a sinistra. Già i primi istanti a contatto con la Corea si capisce quanto sia sbagliato pensare che i suoi abitanti siano praticamente uguali ai giapponesi. Certo, all’aeroporto si vedono segnali strani come quello che invita a fare attenzione se si portano le scarpe con i tacchi alti o i lacci quando si prendono le scale mobili o le impronte disegnate di fronte agli ingressi del trenino di collegamento tra i vari terminal, ma si capisce subito che qui le regole non sono ossessioni e c’è un generale e robusto gusto per la semplicità e la pragmaticità. Anche il curioso macchinario che hanno a disposizione gli addetti dell’Immigrazione è un gioiellino, un miracolo di immediatezza: si infilano contemporaneamente i due indici in due spazi appositi e si guarda nell’obiettivo. Fatto. Anche il temperamento delle persone è totalmente diverso, appaiono più sicure di sé, meno timide, più sorridenti, più dirette nella comunicazione, meno ossessionate dal tempo e anche dalla tecnologia che rimane sempre ben nascosta e priva di qualsiasi effetto speciale. Anche il rapporto con il traffico, intenso a tutte le ore, è per certi versi latino: c’è chi supera i limiti di velocità, ma il 99% li rispetta; si passa da una corsia all’altra senza troppi complimenti, ma nessuno prova a fare il furbo; allo stop ci si può anche fermare un metro dopo la linea bianca, ma con il rosso non si passa.

TRA PALAZZI E BERLINE
Dominano le berline, neppure di piccole dimensioni e il primo paesaggio che si presenta è fatto di ponti, un porto imponente e poi la periferia fatta di palazzi alti e numerati, alcuni marchiati dai loghi di grandi aziende che probabilmente li hanno concessi ai loro dipendenti. Seoul è grande, ma non mastodontica: 4 milioni sono una bazzecola di fronte ad altre metropoli asiatiche e la presenza del fiume che l’attraversa e delle colline boscose che la circondano attenua ulteriormente la sensazioni di trovarsi in una impietosa distesa di cemento. Il verde poi è sistemato ovunque: dalle barriere antirumore agli alberi lungo le strade, ci sono anche case basse con un minimo di giardino intorno. Anche la corsa verso l’alto dei grattacieli non sembra essere una priorità e anche in questo campo i primati la Corea li lascia agli altri: il grattacielo più alto ha “solo” 57 piani, un nano a confronto di quello che altre capitali asiatiche hanno. Un paese dunque organizzato, con una propria identità e anche qualche debolezza. Il caldo infatti è quasi tropicale e, arrivati in stanza, dopo un po’ qualcuno fa sfilare un biglietto sotto la porta: ci avvisano di uno sciopero dei tassisti per il giorno dopo. In fondo anche questa è una penisola con un costruttore automobilistico, che vogliamo raccontarvi. A domani.

fonte:http://www.omniauto.it/magazine/20403/viaggio-nella-corea-di-hyundai
 

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Bel regalo, per me dopo 4 Hyundai :)
 
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