il discorso di giadac a questo punto non fa una piega.
Vi consiglio di leggere questo articolo di Bruno Pellegrini,un esperto del settore ed in particolare sulle questioni del filtro antiparticolato, che ha scritto sul sito Sicurauto un articolo a questo proposito ben 3 anni fa, niente è cambiato nel frattempo:
Le contro-indicazioni del dispositivo colpiscono ancora gli utenti con gravi conseguenze per affidabilità e sicurezza.
Gli automobilisti continuano a pagare un prezzo troppo alto per talune scelte tecniche derivanti dalle varie normative sulle emissioni. Il filtro antiparticolato continua a colpire pesantemente le tasche degli utenti, ignari di aver fatto una scelta molto onerosa ma, talvolta, anche pericolosa. Andiamo per gradi.
Motore in prestazioni ridotte
Le prime amare sorprese ebbero inizio subito dopo l'introduzione dei primi filtri antiparticolato sulle diesel Euro 4: dopo alcuni giorni di uso esclusivamente cittadino iniziavano ad accendersi le spie ed apparire messaggi sul display per segnalare il motore in "prestazioni ridotte" e che era necessario passare in officina (o nella migliore delle ipotesi percorrere a 100 Km/h almeno 50 km su strada libera) per la rigenerazione forzata del filtro ormai intasato.
Disagio e spesa a parte, lo stupore e la rabbia degli utenti derivavano più dalla constatazione che nessuno li avesse informati prima di tale spiacevole eventualità ed anche gli addetti ai lavori spesso cadessero dalle nuvole (o facevano finta). In realtà, gli effetti collaterali del filtro antiparticolato erano noti fin dall'inizio alle Case automobilistiche ma venivano regolarmente sminuiti o sottovalutati durante i corsi tecnici destinati alla rete di assistenza. Le scadenze teoriche per la rigenerazione prevedevano, sulla carta, percorrenze più lunghe ed il rischio di trovarsi dopo pochi giorni di uso urbano col motore in emergenza era considerato molto remoto. Falso ottimismo interessato?
Sostituzione dell'olio anticipata
Ma a chilometraggi assai limitati ecco arrivare la seconda mazzata per i poveri, ignari utilizzatori di auto diesel Euro 4 con Dpf o FAP, inizialmente contenti di poter circolare in città anche nei giorni di blocco.
Per i più fortunati, il solito display avverte che è necessario recarsi in officina per sostituire l'olio motore. Ma come ! I tagliandi periodici sono previsti ogni 15 mila o 20 mila Km ed ora bisogna cambiare l'olio (ovviamente a pagamento) dopo appena 3000 o 5000 Km. Ma siamo matti!
Naturalmente, anche stavolta, nessuno in concessionaria si era preso la briga di informare preventivamente l'utente e meno che mai si trova traccia sui manuali uso e manutenzione di tale eventualità. Alla faccia della trasparenza, della corretta informazione al consumatore, del Codice del Consumo, della Direttiva UE e chi più ne ha più ne metta.
In officina spiegano ai clienti imbestialiti che l'auto viene usata troppo in città, che l'olio va cambiato perché ormai diluito dal gasolio in eccesso delle post-iniezioni necessarie per riscaldare il filtro antiparticolato che altrimenti non funzionerebbe. Ai clienti incolpevoli non sfugge il paradosso: hanno scelto una diesel dotata di Dpf o FAP per poter circolare sempre anche in città e poi vengono pesantemente penalizzati proprio dall'uso urbano che dovrebbe essere il terreno ideale per sfruttare i vantaggi di tale dispositivo. Prodigi della tecnica... Nel frattempo i numerosi proprietari di vetture diesel Euro 4 prive di filtro (che fortuna) ma regolarmente e legittimamente in commercio, si sentono presi in giro, discriminati e danneggiati dalle varie amministrazioni comunali che ne vietano la circolazione nelle zone urbane, in aperta violazione delle Direttive UE.
Ma non è finita: ecco la terza puntata della triste telenovela, la più drammatica. Diversi mesi or sono mi erano giunte voci di alcuni casi di motori diesel che restavano ai massimi regimi senza che il guidatore potesse fare nulla per spegnerli. Nulla di nuovo, pensai; si tratterà di quei turbo-diesel molto sfruttati ed usurati a livello di cuscinetti del turbocompressore sui quali si verifica la nota aspirazione di olio motore dal turbo che provoca lo spiacevole fenomeno dell'autoalimentazione del motore fino a prevedibile rottura per mancanza d'olio. In effetti il fenomeno era quello appena descritto ma si trattava di vetture nuove, coperte da garanzia, con poche migliaia di Km: impossibile che la causa fosse l'eccessivo gioco dei cuscinetti del turbocompressore.
Troppo olio nella coppa ed il motore impazzisce! Colpa del FAP...
Succede, come abbiamo visto nell'articolo precedente che il gasolio incombusto in eccesso delle post-iniezioni coli attraverso i cilindri nella coppa dell'olio andando ad aumentare progressivamente il livello dell'olio motore, alterando nel contempo le sue proprietà lubrificanti. Quando la percentuale di gasolio disciolto nell'olio raggiunge la soglia di rischio del 7-10% dovrebbe apparire un messaggio sul display (sulle vetture che ne sono dotate) che invita l'utente a sostituire in anticipo il lubrificante. Su alcune vetture esiste una terza tacca sull'astina di livello olio, indicante il livello max. di guardia ma quanti guidatori oggi hanno la sana abitudine di controllare periodicamente il livello olio motore? Tuttavia, può succedere che la vettura non dia alcun avvertimento e un brutto giorno il guidatore si trovi all'improvviso con i giri del motore alle stelle senza che possa far nulla per tornare alla normalità o spegnerlo (girare la chiave del quadro sarebbe inutile).
L'unica manovra possibile per cercare di arrestare il motore è inserire, a vettura ferma, il rapporto più lungo (la quinta o la sesta marcia) e frenare a fondo rilasciando la frizione. Con il cambio automatico ciò non è possibile e non resta che mettere in N aspettando gli eventi...
L'eccesso di olio misto a gasolio nella coppa innesca il fenomeno di autoalimentazione del motore attraverso il sistema di ventilazione / ricircolo vapori olio dal monoblocco, collegato di norma al condotto di aspirazione aria diretta al turbocompressore. D'altra parte, l'olio aspirato dal turbocompressore in eccesso d'aria, è un buon combustibile e miscelato al gasolio lo è ancora di più.
Il fenomeno, in ogni caso, è molto grave e pericoloso, sia per gli ingenti danni conseguenti, che quasi sempre non vengono riconosciuti dal fabbricante, sia perché la rapidità e l'imprevedibilità dell'evento o le particolari condizioni stradali ed ambientali, non sempre consentono di evitare incidenti e conseguenti lesioni agli occupanti od a terzi. Né può essere accettabile sul piano giuridico ed etico il comodo alibi delle Case costruttrici che si ritengono sollevate da ogni responsabilità oggettiva solo perché la tale vettura è dotata di spia o messaggio di avvertimento per l'utente. L'utilizzatore deve essere correttamente informato, anche tramite la documentazione a corredo del veicolo, dei reali rischi connessi all'uso dell'auto o al posticipo di certe operazioni di manutenzione ritenute di routine dall'utente comune. Se non è spiegato a chiare lettere, un normale utilizzatore con nessuna conoscenza tecnica specifica (ossia la stragrande maggioranza degli utenti), non può ragionevolmente immaginare che se non cambia l'olio a 3000 km anziché alla normale scadenza prevista, rischia di distruggere il motore e il danno non lo riconoscerà nessuno.
E' di questi giorni la notizia di un importante richiamo da parte di Volvo che coinvolge gran parte della gamma dotata di motore diesel 5 cilindri, proprio per ovviare a tale potenziale problema. In Italia le Volvo (Euro 4 con Dpf) interessate al richiamo sono 14381.
In un articolo sull'argomento apparso sul fascicolo di luglio della rivista 4Ruote, si riportano anche alcuni casi verificatisi sulle Fiat 500 MJT (nata Euro 5) con Dpf ma è chiaro che potenzialmente il fenomeno interessa anche altre Case. Proprio in questo periodo mi sto occupando, in veste di perito di parte, di un caso legale analogo riguardante una vettura di alto costo.
E' molto interessante anche la risposta da lui data il 20/09/2010 ad un utente che aveva commentato il suo articolo:
Ho letto con il massimo interesse il Suo commento - sfogo in merito ai gravi problemi connessi al filtro antiparticolato da Lei subiti e trattati nel mio articolo su SicurAUTO.it
Comprendo perfettamente lo stato d'animo e il senso di impotenza degli automobilisti che. come Lei, si imbattono giornalmente contro il "muro di gomma" volutamente istituito dalle Case automobilistiche per non adempiere agli obblighi contrattuali previsti dalla legge (vedi call center- presa in giro,lettere inevase e altre amenità).
La latitanza e il disinteresse delle Case per i problemi di assistenza della clientela, è paradossale in un periodo di grave crisi di vendite come l'attuale dove, invece, la fidelizzazione e la cura del cliente sarebbero un vero investimento. Uno dei motivi di tale colpevole disimpegno è lo smantellamento (dicono per ridurre i costi), da parte di molte Case, dei reparti post- vendita interni. Quel poco che è rimasto è dato in gestione a società esterne con i risultati disastrosi che noi tutti conosciamo.
La rivista 4Ruote nel suo recente articolo sul "diesel impazzito", ha sintetizzato in modo molto realistico l'atteggiamento delle Case: " Questo è l'ultimo atto di una vicenda che ha evidenziato come le Case vivano in un loro mondo ideale , senza preoccuparsi di quello reale, nel quale viaggiano i clienti delle loro diesel".
Le Case automobilistiche sono state colte impreparate per ciò che riguarda una tecnicamente corretta applicazione del filtro antiparticolato, pressate come erano dalle scadenze previste dalla normativa europea in materia di riduzione delle emissioni di polveri sottili (Pm10). Avrebbero dovuto quanto meno opporsi e chiedere un rinvio alla introduzione delle nuove limitazioni, almeno finchè i dispositivi dpf o fap non fossero realmente affidabili, non pericolosi e penalizzanti per gli utenti.
Questo, purtroppo, non è avvenuto ed i costruttori, con cinismo, improvvisazione e una certa dose di irresponsabilità hanno introdotto i filtri antiparticolato adattandoli (male) su vetture già esistenti nate senza, costretti ai noti artifici di funzionamento (post-iniezioni, ecc) che causano i noti problemi di affidabilità e sicurezza (oltre a maggiori costi supplementari per gli utenti, non preventivati).
E' comunque una brutta storia di cui non si intravede una conclusione positiva e le cui responsabilità vanno divise tra il legislatore, ottuso e prevenuto (ignora per partito preso o disinformazione le grandi fonti di emissioni di particolato e CO2) e le Case automobilistiche, complici per scelte di comodo a soli fini commerciali (l'acquisto "obbligato" delle diesel con filtro antiparticolato, pena la non circolazione). Ed è una magra consolazione sapere che certe Case avrebbero (il condizionale è d'obbligo) risolto i problemi adottando successivamente talune modifiche al sistema, come l'iniettore supplementare sul collettore di scarico o il filtro antiparticolato montato più vicino al motore. Perchè i fatti dimostrano che i clienti possessori delle vetture prodotte prima (parliamo di auto nuove), soggette ai noti problemi, sono di fatto abbandonati a se stessi, sballottati come marionette da Ponzio a Pilato, nel ridicolo "scaricabarile" tra fabbricante e concessionarie venditrici. In buona sostanza, non c'è la volontà, da parte delle Case costruttrici, di prendersi carico delle proprie responsabilità, alleviando quanto meno i gravi disagi e gli oneri economici gravanti sui propri clienti per colpe altrui.
Inoltre, è opportuno sottolineare che le varie spiegazioni /giustificazioni riferite alla clientela per legittimare colpe che certo non ha (.. Lei usa troppo l'auto in città, oppure: lei fa percorsi troppo brevi, e via di questo passo), non hanno alcun valore giuridico, anzi stanno a dimostrare che il prodotto non è conforme all'uso cui è normalmente destinato (vedi Codice del Consumo) e non presenta le caratteristiche di funzionalità che ragionevolmente l'utente si attende.
In Italia il consumatore ha poche possibilità di difesa: se agisce da solo, non resta che l'azione legale con le spese e i tempi lunghi che tutti conosciamo. Un'azione collettiva, tramite un ente difesa consumatori, sarebbe in teoria possibile ma nel nostro Paese manca una legge severa ed inesorabile nei confronti dei fabbricanti inadempienti come esiste negli USA.
Tuttavia l'arma infallibile del cliente-consumatore è la possibilità di scelta e il passa-parola sulle qualità o i difetti di un certo prodotto. E' statisticamente provato che un cliente scontento, ne crea almeno altri 50-60 fra conoscenti amici e parenti, non più disposti ad acquistare quel prodotto. E poi nel Web l'informazione circola (fortunatamente).
Cordiali saluti
Bruno Pellegrini